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In giro per Pieve

IL BORGHETTO

Questo ampliamento del paese verso valle, fuori della cinta muraria, è allineato lungo l’antica strada della Paperéra (a sua volta allineata con la via centrale del paese) e anch’essa congiungente Pieve con Muzio ed il mare. Compare nei documenti circa dal ‘500, ed è l’esatto equivalente a valle dell’analogo borgo a monte. Vi si trovano antichi e caratteristici edifici, meno trasformati rispetto a quelli del centro. Proprio all’inizio dell’agglomerato, sorge la piccola chiesa della Concezione, dalla gentile facciata settecentesca (1753).

Questa antica strada è tuttora in parziale uso come strada vicinale. Lungo essa i trova tuttora un paio di piccole cappelle, oggi dismesse, ed una casa, oggi ristrutturata ed abitata, in passato detta “cà d’e bàsure” (casa delle streghe.).

IL BORGO VECCHIO

Il piccolo nucleo ad andamento semicircolare, urbanisticamente del tutto difforme dalla struttura a quadrigliato del paese, rappresenta un primitivo insediamento, il Borgo Vecchio, preesistente all’edificazione di Pieve. Al suo centro si infossa l’attuale Via all’Arrogna, del cui presumibile antico percorso verso monte e valle (“strada del sale” o “dei piemintesi”). In epoca pre-Pieve questa strada doveva essere “importante”, in quanto il tratto ancora visibile di Via all’Arrogna, sottostante il “borgo vecchio”, è interamente sostenuto su piccole volte. Al di sotto delle trasformazioni e sopraelevazioni spontanee avvenute lungo quasi un millennio, il tracciato urbanistico del primitivo nucleo è rimasto invariato. Lungo il crinale verso il monte Teco sorgevano verosimilmente altre case, che collegavano il “borgo vecchio” con l’insediamento sul monte, quindi, in senso lato, facenti anch’esse parte del “borgo vecchio”.

Doveva trattarsi di modeste case più o meno isolate, dal momento che non si sentì la necessità di racchiuderle nella cinta difensiva. Lungo questa linea di case si è successivamente (ma certamente prima del ‘700) sviluppato verso monte l’attuale tratto che collega Piazza Carenzi con l’imbocco della strada per Nava. In questo agglomerato, prospiciente l’Arrogna, si trova una rimarchevole casa interamente in pietra a vista, ritenuta molto antica, ed assai ben restaurata. Subito al di là del ponte dell’Ospitale, si trova un antico mulino, tuttora dotato di parte della propria attrezzatura, gìà sicuramente esistente dalla prima metà del ‘700.

BORGO NUOVO – I PORTICI

I grandi portici ogivali della via centrale sorgono a partire dal ‘400 e attorno alla prima metà del ‘500 (come mostrato dall’attenta ricostruzione del paese a quell’epoca, sulla base di un prezioso documento catastale del 1533, fortunosamente salvatosi dall’assedio) i portici erano sostanzialmente completati.

Residue costruzioni e modifiche (soprattutto sottarcature per guadagnare spazio e luce ai primi piani, rifacimenti di facciate, ecc.) hanno, tutto sommato, inciso poco sulla loro suggestiva fisionomia tardo-medioevale. I portici erano costruiti dalle singole famiglie private, e la loro altezza era proporzionata al censo del proprietario. Ve ne sono di circa 7 metri, su passo di 8.

Esistevano tuttavia precisi decreti della Repubblica che ne definivano l’altezza minima. Da questo insieme di iniziativa privata e regolamentazione pubblica deriva il loro duplice ed affascinante aspetto: sono tutti l’uno diverso dall’altro, ed insieme mostrano una coerenza stilistica complessiva molto unitaria. Sotto i portici si aprono orizzontalmente gli accessi ai fondachi sotterranei, di cui quasi tutte le case del centro, ed anche alcune delle laterali, sono dotate. Sulle volte si aprono qua e là piccole finestrelle, forse aventi inizialmente funzione difensiva, poi diventate discreti osservatori per “scutizzàa”, cioè per curiosare, inosservati, il passeggio del pievesi sotto i portici, e magari poi spettegolare: il “gossip” non è un’invenzione anglosassone!

Le volte portano tuttora gli anelli cui erano appese le stadere per la pesatura delle merci, o le carrucole per la movimentazione dei carichi. I grandi portici della via centrale furono sempre, e sono tuttora, il centro vitale del paese, con i suoi negozi e botteghe, e con gli artigiani (soprattutto calzolai e sarti) che spesso lavoravano sotto il portico, anziché nella retrostante bottega. Più piccoli e di aspetto più arcaico sono i portici della Via Piave, entrando nei quali ci si tuffa veramente in un angolo di medioevo, con case di tipologia ancora arcaica (basse, molte con scala esterna, portici piccoli, stretti, bassi, poco profondi) e soprattutto quell’insostituibile “patina” che solo il tempo può dare, e che bisogna essere molto attenti a non togliere con troppo affrettati restauri.

La via Umberto I non ha invece portici, tranne un bell’esempio isolato, oggi inchiavardato perché pericolante. Anche qui ci sono case molto arcaiche (soprattutto nella zona della Collegiata e del Vico Limbo). Tra esse ve ne è una una caratterizzata da un inusuale altissimo e strettissimo arco, verosimilmente sorto a coprire una scala esterna. Un analogo arco si trova in Piazza Brunengo, all’imbocco di Via Piave, dove di trova pure un’antica ed alta casa, assai ben restaurata, cioè valorizzando per intero l’originale pietra a vista.

BORGO NUOVO – I VICOLI

Anche le vie parallele alla via centrale conservano il loro aspetto arcaico, con i bassi e stretti portici, le anguste finestre, le ancora piccole case, le scale esterne, la rustica intonacatura, e latinteggiatura a calce. Un po’ ovunque in paese molti proprietari di case hanno scelto la valorizzazione degli elementi architettonici antichi in pietra a vista: archi, volte, talvolta l’intera muratura esterna, e anche ben riuscite soluzioni di interni. In case più recenti (ad esempio del Sei-Sette-Ottocento) si ripristinano le soluzioni dell’epoca, forse eccedendo con i vivaci colori “liguri”, tipici in Riviera, ma forse meno adatti a un borgo medioevale dell’entroterra.

Molte case conservano tuttora l’aspetto scrostato, eroso, “antico”, che solo la patina del tempo e della vita vissuta può donare: ciascuna è una stimolante sfida alla creatività ed al senso storico ed estetico dei proprietari. Purtroppo anche molti tetti hanno cambiato colore, dal grigio-pietra delle irregolari e tipiche antiche ardesie liguri, alle più vivaci tonalità delle marsigliesi. Gli scorci, i suggestivi particolari, sono pressoché infiniti fra cui spicca il lavatoio basso, tuttora utilizzato dalle lavandaie pievesi.

PIEVE “UNDERGROUND”

Come tutti gli insediamenti antichi, Pieve di Teco possiede una poco conosciuta, ma interessante, edilizia sotterranea. Essa, sia per il fatto banale che la parte inferiore di un qualsiasi edificio è, ovviamente, la prima ad essere costruita, sia a causa della difficoltà di operarvi significative ristrutturazioni successive (sopra, grava il peso di una casa a più piani) conserva più che altrove il fascino del contatto diretto con la parte più antica e nascosta, intima, del paese.

Molte di quelle pietre furono poste in opera dai pievesi di settecento anni fa.

Si hanno magari interessanti riscontri, e curiosi “misteri”. Si ritrovano, ad esempio, cantine con due vani paralleli a passo di 4 metri, chiaro ricordo delle primitive case a passo di 4 metri, poi accorpate nella case attuali a passo di 8 metri. Se ne hanno di lunghe, sottostanti l’intera casa, e di corte, sottostanti il solo portico, evidentemente scavate solo quando quest’ultimo fu costruito.

Si trovano poi oggetti curiosi: ad esempio una splendida colonna in pietra, a sorreggere una rustica volta di cantina. Da dove viene quella colonna?. Che ci sta a fare, là sotto terra, a svolgere una funzione pressoché inutile?. In paese ve ne sono anche altre, sia sotterranee che a piano di terra. Ed infine, il fascino gozzaniano degli ambienti “dove il rifiuto secolare dorme”: oggetti perduti, dimenticati, sepolti, fossili che furono vivi, e improvvisamente tornano fugacemente a vivere, incredibilmente carichi di sopita energia, come fantasmi, come ectoplasmi, come inquietanti presenze surreali.

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